venerdì 16 dicembre 2011

Biomasse o furto di terre?

La richiesta di biomasse così come è stato per i biocarburanti
porterà a ulteriori furti di terra nelle foreste tropicali (e da noi?)

di Tom Levitt -The Ecologist, traduzione di Silvia Ricci www.portalasporta.it

La corsa alle biomasse porterà sempre di più ad un fenomeno ormai globale noto come “land grab”, accaparramento di terre, e avrà lo stesso impatto che la produzione di biocarburanti ha avuto sulle foreste tropicali.



Questo è l'allarme che movimenti ambientalisti e organizzazioni non governative stanno lanciando a livello internazionale.
Proprio come i biocombustibili hanno divorato terreni agricoli destinati alla produzione del cibo, così l'interesse delle multinazionali dell'agro-alimentare come Monsanto, Cargill e altre porterà a un furto di terra senza precedenti a discapito di piante e foreste ricche di biodiversità.
Un mondo sull'orlo di un ulteriore land grab da parte di multinazionali che si muovono all'interno di un ampio tentativo di acquisizione e di controllo della capacità produttiva del pianeta, questo é lo scenario del nuovo libro di ETC Group, Earth Grab - Geopiracy, the New Biomassters and Capturing Climate Genes
Ad oggi gli esseri umani usano un quarto delle risorse di biomassa del pianeta terra per i bisogni primari come nutrirsi, riscaldarsi e costruirsi un riparo. Nel nome della green economy le industrie andranno ad utilizzare sempre maggiori quantità di biomasse costituite da vegetali di varia natura, trucioli di legno, alghe, così come già avviene per i biocarburanti.
Il fatto che le nuove tecnologie rendano possibili sempre nuovi impieghi come la produzione di fertilizzanti, di prodotti chimici o per generare energia non fa che aumentarne la richiesta.
A farne le spese, secondo gli autori, saranno le foreste tropicali ricche di biodiversità dell'Africa, Asia e Sud America dove si trova la biomassa più idonea rimasta.
Quello che viene venduto come un cambiamento benefico verso una cosiddetta “bioeconomy” non più basata sul carbone fossile si rivela invece come l'ennesima appropriazione di una nuova fonte di ricchezza ad opera “del nord del mondo” più ricco verso il sud dei più poveri.
Il punto critico è che quanto è rimasto delle biomasse a livello globale assolve già con difficoltà a quelle funzioni ecologiche necessarie per la vita sul pianeta come la regolazione del clima, del ciclo dell'acqua e dell'azoto e la protezione dei suoli da fenomeni di erosione.
Questo libro, così come altre ricerche, si interroga sulla capacità della terra di poter far fronte a massicce richieste di biomassa per sostituire combustibili fossili, pur dovendo continuare a svolgere funzioni ecosistemiche di vitale importanza.
“a differenza del carbone o del petrolio la biomassa ha già un suo ruolo essenziale in un futuro più verde. Così come la prima generazione di biocarburanti ha sequestrato terreni agricoli quando avrebbe dovuto essere prioritaria la produzione alimentare, un'insaziabile richiesta di biomassa da parte della bioeconomy porterà a conseguenze altrettanto devastanti”. Lo dice uno degli autori Jim Thomas.
Nel libro si fa l'esempio della coltivazione intensiva della canna da zucchero in Brasile nel Cerrado, una zona caratterizzata da una savana estesa, foreste e valli. Per rendere fertili i terreni per lo più originariamente aridi si è fatto un uso massiccio di chimica e fertilizzanti che ha causato un grave inquinamento delle falde e dei fiumi della zona che alimentano il Rio delle Amazzoni.
Per non parlare dell'esercito di lavoratori maltrattati o in condizione di schiavitù che vengono sfruttati nella coltivazione.
L'espansione della coltivazione della canna da zucchero sta spingendo allo stesso tempo altre coltivazioni, come quella della soia, più in profondità all'interno della foresta pluviale amazzonica.
Le conclusioni degli autori sono che il saccheggio di ecosistemi già fragili sia una mossa criminale considerando lo stato in cui versa il pianeta e che la società civile, invece di credere alle promesse che vengono fatte in nome delle nuove green economy, deve respingere l'assalto che i “signori delle biomasse” (Biomassters) perpetrano ai danni della terra, dei mezzi di sussistenza e di tutto il nostro mondo vivente .
Chi sono i nuovi Biomassters?
-Colossi dell'industria del legname e del settore agro-alimentare che già controllano vasti territori e relative risorse biologiche in tutto il mondo come Cargill, Bunge e Tate & Lyle sono in prima linea.
-Imprese ad alta tecnologia come la Monsanto e Syngenta che stanno fornendo nuovi strumenti per trasformare, misurare e sfruttare il mondo biologico, contribuendo a fare dell'informazione genetica una commodity.
-Aziende farmaceutiche, chimiche e del settore dell'energia tra cui DuPont, BASF, Shell, BP ed ExxonMobil che sono pronte ad interagire con i nuovi “bio-imprenditori” per cambiare i loro processi di produzione e di approvvigionamento delle materie prime.
-Società di servizi finanziari e banche d'investimento come Goldman Sachs e JP Morgan stanno elaborando nuovi titoli agganciati a questo mercato.
-Aziende come Procter & Gamble, Unilever e Coca-Cola che utilizzano nella formulazione di prodotti o packaging materie prime provenienti da fonti rinnovabili allo scopo di lanciare o rilanciare alcuni loro prodotti sfruttando l'onda del “green”.

Guarda il video realizzato da Oxfam International sull'argomento disponibile anche con i sottotitoli in italiano (cliccare su CC) http://www.youtube.com/watch?v=ua0TRVm6Fgg

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 16 dicembre 2011

Sono passati
564 giorni
dalla richiesta a Iren del Piano Economico Finanziario dell'inceneritore di Parma

Mancherebbero
142 giorni
all'accensione del forno, se ancora lo si farà

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