venerdì 16 dicembre 2011

Un esposto per fare chiarezza

La dubbia ecologia dell'ospedale di Borgotaro

Lo staff della Provincia di Parma, Dall'Olio e Ferrari, e il presidente della comunità montana ovest Bassi, anche sindaco di Varano, hanno annunciato e presentato la costruzione di 5 nuove centrali a cippato, finanziate in parte dalla Regione.



Sorgeranno in provincia, a Berceto, Calestano, Neviano e Varano Melegari, oltre ad una più piccola alla fattoria di Vigheffio.
Ma il senso vero dell'incontro era tutto nella presentazione dei dati di funzionamento della centrale a cippato dell'ospedale S.Maria di Borgotaro, curata dall'ingegner Saviano della Siram, la ditta costruttrice, e dal dottor Francescato dell'AIEL, la filiera dell'energia da legno.
La cura dei tecnici nel monitorare i livelli della combustione nella centrale ha portato a dosare la potenza della centrale a cippato su standard che permettessero contemporaneamente anche l'uso della caldaia a metano.
Da quel che si è capito, hanno fatto in modo di non spegnere mai la centrale, mantenendola su valori che, alla bisogna, potessero essere integrati dall'intervento di quella a metano perché le
maggiori emissioni nocive si avevano proprio nelle fasi di spegnimento e di accensione, come ogni inceneritore che si rispetti.
Solo con l'uso combinato delle due caldaie infatti pare possibile smussare i bassi valori della combustione del cippato, diminuendo i volumi delle emissioni di polveri, e facendoli così rientrare nel range previsto dalle normative vigenti.
Ma da solo, questo, non sarebbe bastato.
E' stato infatti necessario ancorare la qualità del cippato e il suo stesso prezzo alla sua effettiva produttività in kw/h. A questo si è giunti, ha sostenuto Antonio Mortali, della comunalia fornitrice, con la miscelazione di vari tipi di pezzature di cippato, con l'aggiunta di segatura da
segheria, ma soprattutto cippando solo legname stagionato (abete e castagno).
Tutti questi sforzi per rimanere nei limiti della normativa ambientale.
Ma proprio perché si è all'interno di un ospedale, noi non crediamo che questo basti.
Non basta un filtro a multiciclone, capace solo di abbattere la fuliggine, a garantire dalle emissioni nocive gli ammalati, come ha invece assicurato Francescato, che ha dovuto ammettere che sarebbe meglio aggiungere anche un filtro a maniche.
E' per questi motivi che, dopo aver ascoltato gli esperti ed aver valutato le loro affermazioni, abbiamo deciso di procedere con un esposto all'Arpa.
Ci pare evidente che la modulazione di potenza attraverso due caldaie, di cui una a metano, non sia trasferibile alle altre centrali a cippato esistenti o in progetto, e neppure ci pare possibile si possa realizzare tutta quella cura nella selezione del cippato, che da altre parti è solo di legna fresca e stivata all'aperto.
Non succede nelle centrali di Palanzano e di Monchio, né lo si troverà nelle altre cinque centrali che saranno costruite.
Il cippato, che secondo le intenzioni della Provincia deriverà dalla pulizia dei boschi, ha una umidità che supera il 50% e produce emissioni e residui di ceneri anche e oltre il 5%.
E' questo il motivo che ha spinto il comune di Palanzano a modificare il suo impianto, smettendo il cippato per utilizzare pellet fornito da una piccola ditta artigiana del vicino comune di
Ramiseto, che ne garantisce la tracciabilità.
Il pellet deriva dal cippato, attraverso un procedimento di compressione che garantisce un contenuto idrico inferiore al 10%.
Col pellet, a detta dello stesso ufficio tecnico del comune, le emissioni e i residui di cenere sono insignificanti, pari ad un decimo di quelle precedenti, quando la caldaia bruciava cippato.
Il pellet ha un potere calorifico fino a 5 Kw per Kg, mentre nel cippato fresco si va da 1,5 a 1,8 kw per kg, quindi rese inferiori di 3 volte.
Questo è il motivo per cui il pellet, pur costando 27 euro a quintale, permette al comune di Palanzano di avere meno emissioni e insieme di risparmiare denaro pubblico: 16.000
euro contro i 18.000 euro spesi da Monchio per bruciare 3000 quintali di cippato, per medesimi edifici pubblici.
Viene naturale la domanda.
Perché spendere tanti soldi in queste centrali (426.000 euro a Palanzano, 650.000 euro a Monchio) senza considerare la ulteriore spesa per il tracciato del teleriscaldamento?
Perché buttare i finanziamenti regionali in questi inceneritori inquinanti, quando basterebbe dotare quegli stessi edifici comunali di normali caldaie a pellet automatizzate, come già sta facendo
la gente dei borghi, il cui costo è molto inferiore e per di più detraibile al 55% dalla dichiarazione dei redditi in tre anni?
Non sarebbe più corretto utilizzare tutti i finanziamenti per il risparmio energetico?
Magari cominciando a ristrutturare i borghi, incentivando la ricezione turistica che oggi manca?
Sono opere che porterebbero lavoro, coinvolgendo le piccole aziende artigiane del luogo, dando continuità di lavoro che servirebbe a trattenere i giovani dall'andarsene altrove, oltre a porre le
condizioni necessarie per uno sviluppo turistico attualmente moribondo.

Giuliano Serioli

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