Parma tace.
Sommessamente ci si avvia al disastro ambientale dell'inceneritore, senza sussulti, senza reprimende.
Un inconcepibile silenzio, di chi si chiamerà fuori innocente, non colpevole, non protagonista del progetto.
Abbiamo di fronte una prospettiva ancora modificabile, dati che ci dicono che insistere sul progetto inceneritore sarà un vero e proprio finimondo, con danni per tutti e per tutto.
Ma il nostro mondo imprenditoriale non risponde, si chiude nel silenzio, non esprime posizione alcuna. Bocche chiuse, cucite.
Solo la cittadinanza attiva fa la voce grossa, per quello che può.
Sta cercando in questi tempi bui di informare tutti, di dare la possibilità di approfondire l'argomento in modo da farsi ognuno una propria opinione al riguardo.
Di proporre una alternativa, perché su questo si gioca l'equivoco, non poter fare altro che bruciare.
Balle, condite con immagini napoletane e siciliane per far paura alla gente.
L'alternativa c'è ed è già sperimentata a due passi da noi, troppo lontano per i pigri parmensi, che viaggiano il mondo per vedere gli inceneritori ma non spendono mezza giornata per vedere il futuro, dove si ricicla il 95% dei rifiuti indifferenziati.
Con poche buone pratiche e un apparecchio, che chiamano estrusore, trasformano, senza combustione ne camini, il residuo secco in sabbia sintetica, materia plastica vendibile e appetita dall'industria delle costruzioni e dei manufatti.
Facendoci un pacco di soldi, in questo tempo di crisi che attanaglia.
Ma non interessa a nessuno.
Si fatica a comprendere questa ignavia del mondo che conta.
L'inceneritore colpirà con un forte smacco le produzioni di eccellenza made in Parma.
Ci sono fior di nomi industriali che svettano con i loro stabilimenti a pochi passi dal nuovo insediamento, dove si intende mettere in moto l'eco-mostro.
Il silenzio, come si dice, è assordante.
Poi c'è il versante pubblico, che pare passarsi la patata bollente di mano in mano.
Il Comune che indica la Provincia unico “opinion leader” in grado di cambiare le carte in gioco.
Sussurri nei corsi e ricorsi di questa storia lunga interminabili anni, telefonate per convincere enti a dire sì, parole pesanti mai registrate, che non si possono nemmeno riferire.
Progetti approvati senza nemmeno leggerli, perché fisicamente impossibile in poche ore.
Silence please è l'aplomb con cui il piano procede spedito verso la cantierizzazione di Ugozzolo, con le tombe del camposanto che stanno a guardare.
Il De Produndis della nostra terra si recita senza protagonisti, nessun attore sulla scena del delitto.
Un'attesa infinita di parole che non arrivano, di speranze che non si concretizzano.
Una redenzione che non si manifesta, niente speranze dopo il lutto.
Un piano rifiuti ormai vecchio che non viene aggiornato secondo le buone pratiche che i cittadini hanno dimostrato di saper applicare, con comuni all'80% di raccolta differenziata.
E il piano fermo ancora a percentuali del 65.
Un ente gestore che da un lato distribuisce i sacchetti dell'organico e dall'altro progetta minuziosamente un sistema che contrasta apertamente con la raccolta differenziata, ne è nemico.
L'emblematica storia di Brescia è lì a un passo da cogliere.
Dopo 10 anni di inceneritore, la terra è inquinata, la raccolta differenziata cala, la produzione di rifiuti aumenta e l'impianto ha comunque tanta fame di materia da annichilire e la cerca fuori provincia incessantemente. Analisi mai realizzate perché è meglio non vedere per non sapere.
Intanto il latte alla diossina è diventato realtà delle analisi alla Centrale del latte di Brescia.
Noi che siamo in tempo a fermarci, sussurriamo nell'orecchio del vicino, ma non abbiamo il coraggio di esporci per dire basta, nonostante ne vada della salute del nostro futuro.
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