A Forlì sono in funzione 2 inceneritori alimentati con rifiuti, e questi impianti, a quanto pare, hanno cominciato ad uccidere.
Lo scenario è quello con cui anche Parma dovrà cominciare a relazionarsi se il progetto inceneritore andrà avanti: gli inceneritori sono contro la vita.
Il nostro territorio deve fare una scelta netta e decidere da che parte stare.
Le alternative all'incenerimento ormai ci sono e funzionano.
Non ci sono più motivi per non imboccare la via alternativa all'inceneritore.
Ecco il resoconto di Maurizio Burnacci, giornalista del Resto del Carlino.
Il titolo è lapidario: morto di tumore a 12 anni: inceneritori sotto accusa.
Il bambino viveva a Coriano, quartiere della città dove si trovano i due inceneritori di Hera e
Mengozzi, e nel 2006 era stato colpito da tumore alla prostata. Per i genitori la malattia sarebbe stata causata dai fumi degli impianti. Aveva 12 anni e la luce del cielo attaccata agli occhi. È morto per un tumore alla prostata: «Patologia rarissima a quell’età» dicono i medici. La vita e ora la morte del piccolo sono da tre anni il nucleo di una battaglia legale che da questo momento, se possibile,
acutizzerà tutti i suoi angoli. I genitori puntano il dito contro le emissioni in atmosfera della coppia di inceneritori di Coriano — Hera e Mengozzi — accusati in tribunale d’essere alla base della malattia del figlio (residente proprio lì, nel quartiere dei due camini).
L’accusa formalizzata dal pm Filippo Santangelo — che dal disperato esposto della madre e del padre del bambino malato ha elaborato un procedimento ancora in fase introduttiva — è quella di lesioni colpose. Ma adesso è facile supporre che Santangelo muterà l’ipotesi in omicidio colposo.
Così la sfida processuale inasprirà i toni, perché gli attori della lizza — giudici, avvocati e periti — non conoscono la pietà di una vita ammutolita a 12 anni. Vita che rischia di assurgere a simbolo, un prezioso dono offerto all’altare di una battaglia civile. L’itinerario penale è alla stazione di raccolta
delle prove ‘irripetibili’ (incidente probatorio). Il giudice Michele Leoni ha riunito attorno a un tavolo quattro esperti e ha ordinato di passare al setaccio ogni aspetto dell’attività dei due inceneritori. Due gli indagati (15 le parti offese, tra cui i genitori del piccolo, Wwf e il ClanDestino): Claudio Dradi, 56 anni, di Hera, ed Enzo Mengozzi, di 62, titolare dell’omonima ditta. L’accusa è abuso d’ufficio, falso ideologico, lesioni personali colpose e getto pericoloso di
cose (ipotesi legata alle emissioni in atmosfera). I quattro luminari delegati dal giudice (Roberto Montagnani, Davide De Dominicis, Livio Scatto e Mauro Sanna) hanno lavorato per un anno e mezzo. E adesso spiegano in aula lo stato di salute dei due comignoli sotto accusa. Ci sono state tre udienze. E il dato fondamentale che è emerso è che gli impianti sarebbero stati «anomali prima del 2005». Da alcune indiscrezioni sembra che gli esperti abbiano escluso collegamenti di causa-effetto
tra fumi e tumore. Ma altri studi direbbero il contrario.
Il processo contro gli inceneritori di Forlì, accusato di aver causato la morte di un bambino di 11 anni per una rara forma di tumore delle parti molli, il "rabdomia sarcoma" ha visto svolgersi l'udienza di incidente probatorio davanti al gip Leoni. Per circa due ore è stato interrogato il perito del tribunale incaricato di individuare i possibile nessi tra le emissioni dell'inceneritore e la malattia
del piccolo, che abitava a Coriano. Si entra così nel vivo delle accuse, vale a dire la parte sanitaria.
Nel corso dell'udienza si è preso atto della morte recente del bambino (era la prima udienza dopo questo triste evento) e il pm Filippo Santangelo ha tramutato l'accusa da lesioni colpose ad omicidio colposo.
L'interrogatorio dell'esperto nominato dal gip Michele Leoni è stato aggiornato all'udienza del 24 ottobre. Gli indagati sono il responsabile della divisione ambiente Romagna per il gruppo Hera, il 55enne Claudio Dradi, ed il responsabile dell'inceneritore di rifiuti ospedalieri, Enzo Mengozzi.
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